Nostradamus
a Torino?
Nostradamus, al secolo Michel de Nostredame o Miquèl
de Nostradama in occitano (Saint-Rémy-de- Provence, 14 o 21 dicembre 1503 Salon-de-Provence, 2 luglio1566), è stato un astrologo, scrittore, farmacista e speziale francese .Ma è stato il più
importante veggente di ogni tempo le sue centurie sono ancora oggi al centro di
numerosi studi per scoprirne i più nascosti segreti e molte generazioni di
studiosi si sono cimentati nella traduzione di queste opere. Nostradamus con
buona probabilità ebbe anche una parentesi Torinese con un soggiorno che sarebbe avvenuto nel 1556.
Ma Nostradamus venne davvero a Torino, perché ci sono alcune testimonianze
scritte che parrebbero avvalorare questa visita vediamole.
Un valido punto di partenza è senza dubbio
costituito dall’articolo di Corrado Pagliani, comparso nel n. 1 della rivista
“Torino” del 1934. In questo articolo l’autore ricostruisce il possibile
(probabile?) soggiorno torinese di Nostradamus, partendo da una lapide
originariamente collocata su un androne di una cascina situata all’epoca (siamo
a metà del Cinquecento) alla periferia di Torino. Tale cascina, nota come
cascina Morozzo, resisterà sino agli anni Sessanta del
Novecento, per essere poi abbattuta per
far posto a palazzi della nuova periferia torinese dove i nuovi cittadini
venuti dal sud a lavorare alla Fiat o in altre aziende sviluppatesi con il bum
economico,venivano ad abitare dove secoli prima si era fatta la storia.
L’articolo in questione è un valido punto
di riferimento, tanto da essere ripreso e riproposto numerose volte tra l’altro
da Spagarino Viglongo, da Tirsi Caffaratto, da Bellagarda, oltre a esser citato anche da altri
autori, dal tono più esoterico, come Giuditta Dembech.Di cui sotto è riportata la fotografia della lapide
Nel suo articolo il Pagliani riporta la
riproduzione di un dagherrotipo ottocentesco che si presumeva fosse l’esatta
fotografia dell’originale, (cosa che si rivelerà in seguito errata), comparso
sulla rivista Le Courrier de Turin del 26 dicembre 1807 (questo particolare risulterà,
come vedremo, molto importante), con tanto di testo che sarebbe stato dettato
dallo stesso Nostradamus) e che recita così:
1556
NOTRE DAMUS A LOGE ICI
ON IL HA LE PARADIS LENFER
LE PURGATOIRE IE MA PELLE
LA VICTORIE QUI MHONORE
AVRALA GLORIE QUI ME
MEPRISE OVRA LA
RUINE HNTIERE
a cui traduzione dovrebbe corrispondere a:
1556
NSTRADAMU ALLOGGIA QUI
DOVE IL PARADISO L’INFERNO
IL PURGATORIO IO MI CHIAMO
LA VITTORIA CHI MI ONORA
AVRA LA GLORIA CHI MI
DISPREZZA AVRA LA
COMPLETA ROVINA
In realtà la prima testimonianza scritta
circa il soggiorno torinese di Nostradamus risale addirittura al 1786,
pubblicata nel Noveau Dictionnaire Historique (citazione da O. Mattirolo7, 1928).
La seconda testimonianza in ordine di
tempo e relativa alla lapide risale al già citato articolo del Courrier del 18078 in cui un certo H. Carena riporta anche
le misure della stessa: 20 pollici (51 centimetri) di larghezza per 15 pollici
(38 centimetri) di altezza.
Una terza citazione si può ritrovare in un
articolo pubblicato sul quotidiano “La Stampa” del 3 giugno 1932 in cui tale C. O., in occasione degli
imminenti lavori di ristrutturazione dell’intera area su cui sorgeva la cascina
Morozzo, si sofferma sulla leggendaria figura di Nostradamus e sul suo
soggiorno torinese. Ma ritorniamo all’- articolo del Pagliani del 1934; in esso
l’autore riporta la notizia che il Carena o Carrera dopo il 1807 inviò a Le Courrier de Turin (27 gennaio 1808) una seconda lettera in
cui riporta il parere di un lettore, che in seguito alla lettura della prima
lettera uscita sullo stesso giornale nel dicembre 1807, precisa quanto segue: «Quantunque la storia di
Provenza non menzioni il soggiorno a Torino del famoso medico, abbiamo
nondimeno parecchi aneddoti che ci provano ch’egli vi si è trattenuto per
qualche tempo, che fu ben accolto alla Corte dei Savoia e che passò qualche
giorno alla casa di campagna oggi Morozzo, appartenente in altri tempi alla
principessa Vittoria di Savoia. Son d’avviso che il nome della detta campagna
(Vittoria), la posizione e la distribuzione delle terre sotto la denominazione
(di regioni) del Paradiso, Purgatorio ed Inferno, han dato occasione a
Nostradamus di comporre l’iscrizione ».
Il Pagliani precisa anche che una sua
personale ricerca presso gli archivi del Comune circa l’esistenza di una
Principessa Vittoria di Savoia risulterà vana, non trovando traccia di
principesse con tale nome, contemporanee o anteriori alla data dell’iscrizione.
Comunque sia andata, l’autore precisa
inoltre che le dimensioni della lapide (50 x 35 cm), rilevate da lui stesso nel
1934, risultano di poco inferiori a quelle riportate dal Carena nell’articolo
su Le
Courrier de Turin
del 1807 e che pertanto era possibile pensare che nel frattempo la lapide fosse
stata rimossa, riquadrata e collocata in un luogo diverso dal primitivo.
Per quanto riguarda invece il testo,
occorre fare un’altra interessante precisazione: il Pagliani si limita a
riprodurre quanto riportato sul Courrier, senza accorgersi che in realtà alla
terza riga non stava scritto “ON IL HA LE PARADIS” bensì “ON IL I I A LE
PARADIS”; non solo, ma quando avrà in mano la lapide originale da misurare non
si accorgerà neppure che l’H di “MHONORE” della quinta riga in realtà era
sovrastata da un accento circonflesso (MHONORE). Queste due piccole differenze,
apparentemente senza molta importanza, in realtà ne hanno moltissima in quanto
uno dei più noti interpreti di Nostradamus, ritenendo che il testo della lapide
(quello con “IL HA” e senza accento circonflesso) nascondesse un messaggio
criptato da decifrare, con relativa “chiave” per interpretare le famose
quartine, riportando su carta millimetrata il testo stesso e calcolando
opportunamente il numero delle lettere, le cadenze e le spaziature ha identificato
(a suo dire) tale chiave. Peccato che il tutto fosse basato su di un testo,
quello appunto riportato dal Pagliani, che poi si rivelerà errato.Lascio alla
fantasia del lettore immaginare l’attendibilità delle conseguenti
interpretazioni
E se la fantasia non fosse sufficiente
riporto testualmente quanto scritto nel libro della Dembech6: «ci sono invece delle diversità fra la
fotografia ottocentesca e l’autentica lapide di marmo, differenze tali da stravolgere
completamente sia il senso della “chiave” che di conseguenza, le
interpretazioni fin qui ricavate...».
Ma ritorniamo ancora una volta al
Pagliani; suo indubbio merito resta quello di aver fotografato la cascina
Morozzo, prima della sua demolizione, da due diverse prospettive (dal lato di
via Lessona e dal lato del parco della Pellerina), e la sua risulta, assieme a
quella prodotta dal Bellagarda nel 1968, la sola documentazione fotografica
esistente a ricordo del possibile passaggio torinese del celebre medico
occultista. Della famosa lapide non si saprà più niente per una trentina d’anni
(da molti fu data per dispersa, da altri se ne metteva in dubbio addirittura
l’esistenza) finché, nel 1967, il Bellagarda non riuscì a rintracciarla nella
casa dell’ultimo proprietario della Cascina, l’avvocato Momigliano, in via Don
Minzoni. La lapide fu infine “riscoperta” e fotografata nel 1975, grazie alle
ricerche di Renucio Boscolo, autodefinitosi l’interprete ufficiale di
Nostradamus, e pubblicata da Giuditta Dembech nel suo libro del 1978. In conclusione, di citazioni relative al
soggiorno torinese di Nostradamus ce ne sono molte ma gira e rigira si tratta
sempre degli stessi episodi che, in definitiva, fanno capo ad un solo elemento
concreto ovvero l’esistenza della pluricitata lapide.
Vi sarebbero inoltre tre accenni
indiretti, ma tutti e tre molto dubbi. Il primo è quello contenuto nel Nouveau Dictionnaire
Historique citato dal Mattirolo,
che però parla di una venuta a Torino di Nostradamus per controllare la
gravidanza di Margherita di Valois, consorte di Emanuele Filiberto, nel 1562
quando in realtà Emanuele Filiberto consultò effettivamente Nostradamus per la
nascita del figlio, ma nel dicembre del 1561 e a Nizza, non a Torino (come risulta
dalla monumentale opera del Guichenon 1660). Un secondo accenno è quello che compare
sul già citato Courrier de Turin del 1808 ad opera del Carena, ma anche in questo caso
si tratta di un parere di un lettore (oltretutto anonimo) e nulla più; l’ultimo
è quello riportato dalla Dembech la quale sostiene che il motivo della visita a
Torino di Nostradamus nel 1556 era legato alle pratiche alchemiche del tempo
(l’alchimia era effettivamente uno dei suoi grandi interessi), anche se il
motivo ufficiale era una visita alla moglie di Emanuele Filiberto, la duchessa
Margherita... ora mi domando come poteva essere questo il motivo ufficiale
visto che Margherita di Francia sposerà Emanuele Filiberto soltanto tre anni
dopo, il 10 luglio 1559!
Dunque Nostradamus visitò davvero Torino? Dettò davvero l’iscrizione
sulla famosa lapide? Con buona probabilità non lo sapremo mai! Ecco un nuovo
mistero che si aggiunge a quelli già per altro numerosi di questa Fantastica città
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