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sabato 8 giugno 2013


Nostradamus a Torino?

 Nostradamus, al secolo Michel de Nostredame o Miquèl de Nostradama in occitano (Saint-Rémy-de-  Provence, 14 o 21 dicembre 1503 Salon-de-Provence, 2 luglio1566), è stato un astrologo, scrittore,   farmacista e speziale francese .Ma è stato il più importante veggente di ogni tempo le sue centurie sono ancora oggi al centro di numerosi studi per scoprirne i più nascosti segreti e molte generazioni di studiosi si sono cimentati nella traduzione di queste opere. Nostradamus con buona probabilità ebbe anche una parentesi Torinese con un soggiorno che sarebbe avvenuto nel 1556. Ma Nostradamus venne davvero a Torino, perché ci sono alcune testimonianze scritte che parrebbero avvalorare questa visita vediamole.

Un valido punto di partenza è senza dubbio costituito dall’articolo di Corrado Pagliani, comparso nel n. 1 della rivista “Torino” del 1934. In questo  articolo l’autore ricostruisce il possibile (probabile?) soggiorno torinese di Nostradamus, partendo da una lapide originariamente collocata su un androne di una cascina situata all’epoca (siamo a metà del Cinquecento) alla periferia di Torino. Tale cascina, nota come cascina Morozzo, resisterà sino agli anni Sessanta del Novecento, per essere poi  abbattuta per far posto a palazzi della nuova periferia torinese dove i nuovi cittadini venuti dal sud a lavorare alla Fiat o in altre aziende sviluppatesi con il bum economico,venivano ad abitare dove secoli prima si era fatta la storia.

L’articolo in questione è un valido punto di riferimento, tanto da essere ripreso e riproposto numerose volte tra l’altro da Spagarino Viglongo, da Tirsi Caffaratto, da Bellagarda, oltre a esser citato anche da altri autori, dal tono più esoterico, come Giuditta Dembech.Di cui sotto è riportata la fotografia della lapide
Nel suo articolo il Pagliani riporta la riproduzione di un dagherrotipo ottocentesco che si presumeva fosse l’esatta fotografia dell’originale, (cosa che si rivelerà in seguito errata), comparso sulla rivista Le Courrier de Turin del 26 dicembre 1807 (questo particolare risulterà, come vedremo, molto importante), con tanto di testo che sarebbe stato dettato dallo stesso Nostradamus) e che recita così:

              1556

NOTRE DAMUS A LOGE ICI

ON IL HA  LE PARADIS LENFER

LE PURGATOIRE IE MA PELLE

LA VICTORIE QUI MHONORE

AVRALA GLORIE QUI ME

MEPRISE OVRA LA

RUINE HNTIERE

a cui traduzione dovrebbe corrispondere a:

              1556

NSTRADAMU ALLOGGIA QUI

DOVE IL PARADISO L’INFERNO

IL PURGATORIO IO MI CHIAMO

LA VITTORIA CHI MI ONORA

AVRA LA GLORIA CHI MI

DISPREZZA AVRA LA

COMPLETA ROVINA

In realtà la prima testimonianza scritta circa il soggiorno torinese di Nostradamus risale addirittura al 1786, pubblicata nel Noveau Dictionnaire Historique (citazione da O. Mattirolo7, 1928).

La seconda testimonianza in ordine di tempo e relativa alla lapide risale al già citato articolo del Courrier del 18078 in cui un certo H. Carena riporta anche le misure della stessa: 20 pollici (51 centimetri) di larghezza per 15 pollici (38 centimetri) di altezza.

Una terza citazione si può ritrovare in un articolo pubblicato sul quotidiano “La Stampa” del 3 giugno 1932 in cui tale C. O., in occasione degli imminenti lavori di ristrutturazione dell’intera area su cui sorgeva la cascina Morozzo, si sofferma sulla leggendaria figura di Nostradamus e sul suo soggiorno torinese. Ma ritorniamo all’- articolo del Pagliani del 1934; in esso l’autore riporta la notizia che il Carena o Carrera dopo il 1807 inviò a Le Courrier de Turin (27 gennaio 1808) una seconda lettera in cui riporta il parere di un lettore, che in seguito alla lettura della prima lettera uscita sullo stesso giornale nel dicembre 1807, precisa quanto segue: «Quantunque la storia di Provenza non menzioni il soggiorno a Torino del famoso medico, abbiamo nondimeno parecchi aneddoti che ci provano ch’egli vi si è trattenuto per qualche tempo, che fu ben accolto alla Corte dei Savoia e che passò qualche giorno alla casa di campagna oggi Morozzo, appartenente in altri tempi alla principessa Vittoria di Savoia. Son d’avviso che il nome della detta campagna (Vittoria), la posizione e la distribuzione delle terre sotto la denominazione (di regioni) del Paradiso, Purgatorio ed Inferno, han dato occasione a Nostradamus di comporre l’iscrizione ».

Il Pagliani precisa anche che una sua personale ricerca presso gli archivi del Comune circa l’esistenza di una Principessa Vittoria di Savoia risulterà vana, non trovando traccia di principesse con tale nome, contemporanee o anteriori alla data dell’iscrizione.

Comunque sia andata, l’autore precisa inoltre che le dimensioni della lapide (50 x 35 cm), rilevate da lui stesso nel 1934, risultano di poco inferiori a quelle riportate dal Carena nell’articolo su Le Courrier de Turin del 1807 e che pertanto era possibile pensare che nel frattempo la lapide fosse stata rimossa, riquadrata e collocata in un luogo diverso dal primitivo.

Per quanto riguarda invece il testo, occorre fare un’altra interessante precisazione: il Pagliani si limita a riprodurre quanto riportato sul Courrier, senza accorgersi che in realtà alla terza riga non stava scritto “ON IL HA LE PARADIS” bensì “ON IL I I A LE PARADIS”; non solo, ma quando avrà in mano la lapide originale da misurare non si accorgerà neppure che l’H di “MHONORE” della quinta riga in realtà era sovrastata da un accento circonflesso (MHONORE). Queste due piccole differenze, apparentemente senza molta importanza, in realtà ne hanno moltissima in quanto uno dei più noti interpreti di Nostradamus, ritenendo che il testo della lapide (quello con “IL HA” e senza accento circonflesso) nascondesse un messaggio criptato da decifrare, con relativa “chiave” per interpretare le famose quartine, riportando su carta millimetrata il testo stesso e calcolando opportunamente il numero delle lettere, le cadenze e le spaziature ha identificato (a suo dire) tale chiave. Peccato che il tutto fosse basato su di un testo, quello appunto riportato dal Pagliani, che poi si rivelerà errato.Lascio alla fantasia del lettore immaginare l’attendibilità delle conseguenti interpretazioni

E se la fantasia non fosse sufficiente riporto testualmente quanto scritto nel libro della Dembech6: «ci sono invece delle diversità fra la fotografia ottocentesca e l’autentica lapide di marmo, differenze tali da stravolgere completamente sia il senso della “chiave” che di conseguenza, le interpretazioni fin qui ricavate...».

Ma ritorniamo ancora una volta al Pagliani; suo indubbio merito resta quello di aver fotografato la cascina Morozzo, prima della sua demolizione, da due diverse prospettive (dal lato di via Lessona e dal lato del parco della Pellerina), e la sua risulta, assieme a quella prodotta dal Bellagarda nel 1968, la sola documentazione fotografica esistente a ricordo del possibile passaggio torinese del celebre medico occultista. Della famosa lapide non si saprà più niente per una trentina d’anni (da molti fu data per dispersa, da altri se ne metteva in dubbio addirittura l’esistenza) finché, nel 1967, il Bellagarda non riuscì a rintracciarla nella casa dell’ultimo proprietario della Cascina, l’avvocato Momigliano, in via Don Minzoni. La lapide fu infine “riscoperta” e fotografata nel 1975, grazie alle ricerche di Renucio Boscolo, autodefinitosi l’interprete ufficiale di Nostradamus, e pubblicata da Giuditta Dembech nel suo libro del 1978. In conclusione, di citazioni relative al soggiorno torinese di Nostradamus ce ne sono molte ma gira e rigira si tratta sempre degli stessi episodi che, in definitiva, fanno capo ad un solo elemento concreto ovvero l’esistenza della pluricitata lapide.




Vi sarebbero inoltre tre accenni indiretti, ma tutti e tre molto dubbi. Il primo è quello contenuto nel Nouveau Dictionnaire Historique citato dal Mattirolo, che però parla di una venuta a Torino di Nostradamus per controllare la gravidanza di Margherita di Valois, consorte di Emanuele Filiberto, nel 1562 quando in realtà Emanuele Filiberto consultò effettivamente Nostradamus per la nascita del figlio, ma nel dicembre del 1561 e a Nizza, non a Torino (come risulta dalla monumentale opera del Guichenon 1660). Un secondo accenno è quello che compare sul già citato Courrier de Turin del 1808 ad opera del Carena, ma anche in questo caso si tratta di un parere di un lettore (oltretutto anonimo) e nulla più; l’ultimo è quello riportato dalla Dembech la quale sostiene che il motivo della visita a Torino di Nostradamus nel 1556 era legato alle pratiche alchemiche del tempo (l’alchimia era effettivamente uno dei suoi grandi interessi), anche se il motivo ufficiale era una visita alla moglie di Emanuele Filiberto, la duchessa Margherita... ora mi domando come poteva essere questo il motivo ufficiale visto che Margherita di Francia sposerà Emanuele Filiberto soltanto tre anni dopo, il 10 luglio 1559!

Dunque Nostradamus visitò davvero Torino? Dettò davvero l’iscrizione sulla famosa lapide? Con buona probabilità non lo sapremo mai! Ecco un nuovo mistero che si aggiunge a quelli già per altro numerosi di questa  Fantastica città

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